Il pittore di anime by Ildefonso Falcones

Il pittore di anime by Ildefonso Falcones

autore:Ildefonso Falcones [Falcones, Ildefonso]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: ebook
editore: Longanesi
pubblicato: 2019-08-31T22:00:00+00:00


Lavava piatti e tazze con la sabbia argillosa del Montjuïc, proprio come faceva nella taverna di Bertrán. Strofinava pavimenti e tavoli del caffè-ristorante della Confraternita Repubblicana, lampade, porte e posate. Pulire e strofinare: questo era il lavoro che Truchero le aveva procurato. Tre sere a settimana tornò a dare lezione alle operaie. Il tempo passava, dopo la morte di Antonio, e la gente che all’inizio andava a trovarla, spesso dimostrandosi generosa, era ormai tornata alle proprie abitudini e ai propri problemi. Emma piangeva di notte e, mentre il ricordo di Antonio si allontanava tra le lacrime, i problemi aumentavano, come se il ritorno alla vita avesse deciso di rivelarsi ancora più crudele di quanto avesse previsto.

Le tre pesetas al giorno che guadagnava non erano sufficienti a procurarsi il cibo per sé e per sua figlia e per l’affitto di quella camera indecente che si affacciava sul corridoio. Era riuscita a resistere un paio di mesi, ma il proprietario dell’edificio, un altro borghese arricchitosi a spese dei più umili, le aveva già mandato il suo amministratore, un vecchio pelato e scheletrico che puzzava e tremava, che l’aveva minacciata di sfratto senza la minima considerazione per la piccola Julia che ancora allattava, a meno che... Lo sguardo lussurioso di quegli occhi acquosi aveva scoraggiato Emma. Le mancava il suo uomo, il suo muratore, e un vecchio indecente voleva approfittarsene. Ecco che tornava la sua vecchia vita, quella del materassaio e del pollivendolo.

«Va’ a farti...» si era zittita in tempo, correggendosi. «Di quanto tempo si tratterebbe?» aveva chiesto alzandosi dal letto e scostando Julia il necessario perché quello schifoso potesse vederle parte del seno.

«Non so...» L’amministratore le si era avvicinato. «Di quanto tempo avresti bisogno?»

Emma aveva messo la bambina sul letto e si era girata verso il vecchio con il seno completamente scoperto, il capezzolo indurito sporco del latte che continuava a uscire. Quel farabutto stava letteralmente sbavando. Aveva allungato la mano per toccare il giovane seno di Emma, ma lei lo aveva colpito in mezzo alle gambe. L’uomo aveva ululato e si era portato le mani ai testicoli, mentre Emma lo colpiva una seconda e una terza volta, finché quello non era caduto per terra, piegato in due.

«Per ora direi che ho ancora un mese, vero?» aveva detto Emma.

L’uomo non aveva risposto.

«Vero?» aveva insistito inginocchiandosi sul torso dell’uomo, che scricchiolava come se stesse per rompersi.

«Sì», aveva tossicchiato.

Emma lo aveva obbligato a firmare una ricevuta, in cui si affermava che aveva pagato il mese. Lo aveva fatto con il coltello di Antonio puntato sui reni dell’uomo; glielo avevano consegnato alla camera mortuaria dell’ospedale, insieme al resto dei suoi effetti personali. Il muratore lo usava per ogni cosa, per tagliare il pane o per infilzare le patate che Emma gli portava a pranzo, per giocherellarci e intagliare pezzi di legno che non assomigliavano mai a quello che sosteneva di aver scolpito. Emma rideva e lo prendeva in giro ogni volta che vedeva il risultato finale.

«Non ha valore, un documento firmato sotto minaccia.» Il vecchio era parso risvegliarsi dalla trance.



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